Recensioni delle commedie  
di Enrico Scaravelli


da "IL SECOLO XIX" del 6/2/02
Al Carignano domani la Compagnia Teatrale San Fruttuoso
"Gente nostra"
scorci di vita partigiana
"Fischia il vento, infuria la bufera, scarpe rotte, eppur bisogna andar". I versi di questa celebre canzone partigiana come quella ancor più celebre "Bella ciao" riecheggieranno domani sera al Teatro Carignano in occasione della prima di "Gente nostra", commedia in due atti di Enrico Scaravelli presentata dalla Compagnia Teatrale San Fruttuoso con la regia di Arnaldo Rossi. Più che una storia partigiana, è una serie di flashes che ci riporta ai tremendi anni della guerra partigiana in montagna. In un casolare dell'alta val Bisagno vivono due donne prive del loro uomo. Si tratta di nonna e nipote: il figlio della prima e padre della seconda è stato sbalzato dai fronti di guerra e per finire in un lager. Le donne vivono sole, cercando di sopravvivere tra un rastrellamento tedesco e uno delle brigate nere. Cercano il cibo giorno per giorno, affidano una preghiera e una speranza al Natale, sono coinvolte tra patrioti e rastrellatori. Gli episodi e le situazioni risentono delle note biografiche dell'autore e del regista (anche se quest'ultimo era un ragazzino sfollato prima ad Arquata e poi a Torriglia, ma i ricordi di gioventù sono tanto più vividi quanto sono terribili e agghiaccianti). Il testo, già presentato alla Rassegna Anna Caroli nel 1982 è stato arricchito di personaggi ed episodi, come quello del borsanerista napoletano che vende olio, sale e sapone "autentico" e che viene smascherato. C'è il partigiano ferito che viene curato e nascosto ai tedeschi, e che diventa protagonista di un tenero idillio; c'è un'infermiera apparentemente equivoca, e uno studente in medicina. Dietro la porta di casa ci sono la guerra civile, la fame, i bombardamenti, la disperazione, ma anche la saggezza tipicamente ligure e l'onestà morale che infondono coraggio e speranza. Le due donne protagoniste, Dirce e la nipote Gabriella sono interpretate da Bianca Podestà e Cinzia Lamponi; Gianna Cevasco è l'infermiera Maria, Luigi Massa è Maxo il contadino, Lina Fois Consigliere è Annetta, Daniele Pellegrino il partigiano Loenso, Stefano Pastorino è il patriota Pepe, Donato Lo Verde è il borsanerista Gennaro, Franco Campisi Ruwet e Giancarlo Rapetti sono due tedeschi.
b.d.c.
da "IL SECOLO XIX" del 9/2/2002
Già il titolo della commedia "Gente nostra", andata in scena giovedì sera al teatro Carignano, rivela le intenzioni dell'autore, Enrico Scaravelli: in un affresco che ritaglia un periodo della nostra storia (inverno 1944) mettere in evidenza le caratteristiche positive delle popolazioni dell'entroterra genovese alle prese con la guerra partigiana e la relativa repressione tedesca. Affiorano episodi di grande umanità, come quello di nascondere in un casolare di campagna un partigiano ferito, medicarlo, sottrarlo alla caccia dei tedeschi che si sarebbe conclusa con la fucilazione sul posto e l'incendio della casa ospitale con tutti gli abitanti dentro. Episodi realmente accaduti in tutta Italia ma soprattutto sulle impervie colline liguri della sesta zona operativa. In questo contesto nasce un tenero idillio e si rivela una unione antica, santificata da un figlio, tra un contadino e una contadina che per motivi familiari non avevano mai rivelato il loro segreto. Bianca Podestà è una bravissima Dirce, dura, spigolosa come tante contadine dell'entroterra ma ricchissima di ironia e saggezza popolare documentata dai proverbi. Luigi Massa è un impareggiabile Maxo, contadino dal cuore d'oro dietro una maschera burbera. È lui che sottrae i partigiani alla caccia tedesca nascondendoli sotto un carico di fieno sul carretto a cavallo. Cinzia Lamponi è la trepida "nessa" che si rivela una entusiasta come staffetta partigiana, Gianna Cevasco, odiosa infermiera, pettegola, "cuiusa" ma che poi rivela le sue grandi doti umane, Lina Fois Consigliere è Annetta 'n'amiga, Daniele Pellegrino è Loenso, u partigian, Stefano Pastorino è Pepe, un patriota, Donato Lo Verde è Gennaro il buffo borsanerista che vende olio, sale e sapone autarchico; Franco Campisi Ruwet e Giancarlo Rapetti sono i due feroci tedeschi. L'autore Enrico Scaravelli e il regista Arnaldo Rossi sono saliti sul proscenio per riscuotere la loro dose di applausi. Repliche sabato (ore 21) e domenica (ore 16) fino al 17 febbraio con la Compagnia Teatrale San Fruttuoso.
Bruno de Ceresa
IL GIORNALE DI GENOVA (sabato 24 aprile 1982)
La commedia di Enrico Scaravelli nella rassegna dialettale Anna Caroli
"Gente Nostra" alla Sala Carignano
un diverso aspetto della resistenza
Con la regia di Petrucci e l'interpretazione della Compagnia Mario Cappello, è stata presentata alla sala Carignano, per la seconda rassegna Anna Caroli, la novità di Enrico Scaravelli Gente Nostra. La lettura dell'ultimo bollettino della Guerra di Liberazione e la canzone di in apertura della commedia, ci avevano fatto pensare alla retorica patriottarda e resistenziale ormai abusata, alla televisione, al cinema, a teatro.
Si tratta invece di un racconto delicato e vivo, che, se nulla aggiunge per il fatto, serba, nella semplicità staccata da ogni eccesso, quel profumo di verità che lo spettatore vissuto in quei giorni riconosce. E quello venuto dopo impara a conoscere, senza la speculazione e l'imposizione del ciarpame sopraggiunto a disputarsi - come le vesti di Nostro Signore - la paternità di una lotta che nacque per l'anelito della libertà. Il rifugio, in una casetta di montagna dell'entroterra, di un partigiano braccato e ferito, la sua protezione dal rastrellamento, e un idillio che sboccia, sono la vicenda, che s'ingentilisce e sa di poesia, alla fine, per la rinascita dell'amore tra due vecchi che avevano saputo tacere tutta la vita. Il dialogo, semplice e chiaro, è gremito di troppi proverbi, che sanno, dopo la piacevolezza iniziale, di compiacimento al vernacolo.
Basterà scaricare un po' nelle repliche, e solo per il primo tempo, l'impostazione della Maria della Carenino e del Maxo di Rovere, a fuoco peraltro nella seconda parte. Nonna Dirce sempre sincera e intensa, nel risentimento come nello slancio affettivo contenuto, Maria Vietz, e credibile nella fresca ingenuità, la Gabriella di Tiziana Pezzo. Sincera anche Carla Mussi, che era Annetta, e così Luigi Traverso che era Loenso (il ferito), e Mario Fiore, l'altro partigiano.
Il racconto, un po' calligrafico all'inizio, si ravviva per l'intenzione, quasi sempre raggiunta, di scansare la maniera patriottarda è il latte-miele del lieto fine. Funzionale e suggestiva, la scena di Tocci.
Sandro Parrini
IL SECOLO XIX - (Domenica 26 aprile 1982)
Quei giorni di guerra sulle nostre montagne

Voluta o no, la collocazione di "Gente Nostra", secondo lavoro alla rassegna Anna Caroli 1982, in questi giorni di aprile, stabilisce subito un preciso filo emotivo. Non sulla facile onda della celebrazione resistenziale più scoperta e più ovvia - ché, anzi, i due tempi di Enrico Scaravelli tendono ad una proposta di semplici verità e di intimi casi umani- ma su un concreto modo di ricordare i giorni terribili dell'inverno '44 - '45, con gli occupanti in casa e i partigiani impegnati a fronteggiarli nell'attesa dello scrollone finale, quello appunto dell'aprile. "Gente Nostra" rievoca le difficili giornate di due donne, nonna e nipote, che la guerra ha privato dell'unico uomo di casa (figlio della prima e padre della seconda) sbalzandolo da uno all'altro dei fronti di guerra e ora forse in un lager in Germania.
Le due donne vivono in una povera frazione sull'Appennino appena alle spalle della Val Bisagno; si 'arrabattono' a risolvere l'arduo problema quotidiano del cibo; affidano una preghiera e una speranza al Natale (che sia l'ultimo sotto la cappa della tragedia); vengono coinvolte negli scontri tra patrioti e rastrellatori. Non ci sono dubbi sulle loro scelte. Quando si tratta di aiutare un giovane partigiano ferito e di resistere alla feroce arroganza di chi sta inseguendolo, esse lo nascondono in casa e lo curano.
Su questa tessitura l'autore riesce a inserire un paio di colpi di scena e la nascita di un tenero idillio. Ma senza prevaricare con effetti marcatamente teatrali quello che è il carattere umile e corale dell'insieme. Un quadro che Vito Elio Petrucci ha badato a rispettare con una regia affettuosa e sorvegliata (incorniciandolo, tutt' al più, con le note di "Bella Ciao" e un documento storico letto dalla voce di Foà).
La scena di Aldo Tocci, ambientata a metà tra la casa e l'aia, risolve funzionalmente le esigenze del copione. Fra gli interpreti della compagnia "Mario Cappello", Maria Vietz dà credibile risalto alla figura di una nonna dalla mente sveglia e dalla saggezza pratica; Tiziana Pezzo è la nipote; Anna Carenini la compaesana; Carla Mussi, un'amica di casa; Luigi Traverso il giovane partigiano ferito. E ci sono pure Piero Rovere nei panni di un colorito contadino; Mario Fiore, Enrico Mozzone, Edoardo Barbini. Applausi. Repliche,
P.
CORRIERE MERCANTILE - (venerdì 23 aprile 1982)
Nella commedia "Gente Nostra" di Enrico Scaravelli
Alla Sala Carignano un ricordo della Resistenza

Solidarietà umana
nell'alta Val Trebbia
L'azione di "Gente Nostra", la commedia in due atti di Enrico Scaravelli presentata ieri sera in anteprima alla Sala Carignano per la rassegna Anna Caroli, racconta, in maniera molto semplice, la vicenda di una nonna e di una nipote, rispettivamente Dirce e Gabriella, che, poco prima di Natale del 1944, abitando in un casa dell'Alta Val Trebbia, danno rischiosissima ospitalità ad un giovane partigiano ferito, Loenso. Le due donne sono aiutate da un anziano contadino (Maxo) che in extremis si verrà a sapere essere nonno di Gabriella e da un'infermiera, Maria, che sembrava voler curiosare nella casa come spia dei tedeschi, mentre, in realtà, era anche lei intenta a battersi pur fingendo il contrario, a favore della Resistenza. Naturalmente tra Gabriella e Loenso sboccia un tenero affetto. Il quadro dei personaggi è completato da un altro giovane partigiano, Pepe, e da due soldati (uno germanico e uno che l'accompagna parlando in genovese).
Il testo è di gusto Naif (anche in quella nonna che si rifà alla saggezza popolare esprimendosi - idea non nuova - con tanti proverbi) e ha il merito di non voler essere né agiografico, nei confronti della resistenza, né dichiaratamente celebrativo: Mira piuttosto - se abbiamo capito bene le intenzioni dell'autore - a dimostrare la virtù di tanta gente che in anni crudeli seppe dare aiuto a chi ne aveva bisogno -'çercando de sbarcà o lûnäio e de sopravvive senza fä do mä a-i ätri' - in uno spirito di solidarietà. Il regista Vito Elio Petrucci, dirigendo la Compagnia Mario Cappello, ha abbreviato il finale apportandovi qualche lieve variante e ha inventato un inizio in carattere con le manifestazioni per il 25 aprile (canto di "Bella Ciao", che si ripete alla conclusione, e lettura di un brano - motivazione di medaglia d'oro - con la voce di Arnoldo Foà). Ha poi diretto gli attori in una ambientazione a metà tra la casa e il bosco, badando a conservare, per quant'era possibile, il tono ingenuo, ma commosso, della pagina scritta-.
Tra gli interpreti fa spicco Maria Vietz che dà un persuasivo risalto al ritratto di nonna Dirce. Le sono accanto Tiziana Pezzo (Gabriella), Anna Carenini (Maria), Carla Mussi (Annetta), Piero Rovere (che ha sostituito all'ultimo momento Mimmo Ottonello nel ruolo di Maxo, Luigi Traverso (Loenso), Mario Fiore (Pepe) ed Enrico Mozzoni ed Edoardo Barbini (i due soldati).
Molto bella e funzionale la scena ideata e costruita da Aldo Tocci. Luci di Gianni Traverso ed Amleto Campostano. Aiuto regia di Graziella Lombardi. Applausi.
d. g. m.
IL LAVORO (domenica 25 aprile 1982)
LA RASSEGNA "ANNA CAROLI"
"Gente nostra" nella Resistenza
Una buona opera dialettale ambientata
durante la lotta di Liberazione
di CLARA RUBBI
GENOVA - Seconda tappa della Rassegna di prosa dialettale "Anna Caroli" alla Sala Carignano: la compagnia Mario Cappello ha presentato la novità di Enrico Scaravelli Gente nostra per la regia di Vito Elio Petrucci. L'argomento si inserisce, non certo a caso, ma per un preciso calcolo di programmazione, nel quadro delle celebrazioni della Resistenza: la vicenda, infatti, ha inizio in un paese dell'entroterra ligure alla vigilia di Natale del 1944.
In una povera casetta ci sono due donne sole: Dirce, la nonna, e Gabriella, la nipote, che non hanno più saputo notizie dell'unico uomo di casa, in guerra da anni, padre di Gabriella e figlio della Dirce. Soltanto Maxo, un contadino un po' rozzo, ma sincero e generoso, aiuta come può le donne.
Nella notte un partigiano ferito viene accolto e curato dalla Dirce e da Gabriella, che rischiano la pelle per nasconderlo: in casa arrivano i fascisti, tedeschi e un'infermiera, sospetta spia, che alla fine si rivelerà come preziosa attivista della Resistenza. Tra Gabriella e il partigiano ferito nasce una promessa d'amore e nella commozione dell'ultima scena la Dirce svela la sua segreta storia sentimentale con il buon Maxo, che è in realtà il nonno di Gabriella.
Una storia semplice, come tante che la "nostra gente", ha vissuto in un momento storico, che vale sempre la pena di ricordare, al di là di ogni retorica e delle strumentalizzazioni politiche, come espressione positiva di valori umani e civili. Il merito dell'autore, che esordisce con quest'opera nel teatro dialettale, ma che è noto come narratore e poeta in lingua e vernacolo, è quello riaverci ricostruito un clima e un ambiente con molto equilibrio, senza trionfalismi e senza inutili truculenze. Particolarmente apprezzabile la figura della Dirce, coraggiosa e generosa, senza smancerie, come si addice ad una vecchia della "nostra gente", L'interpretazione di Maria Vietz è apparsa austera e credibile e ha fatto un ottimo contrappunto alla più colorita caratterizzazione di Piero Rovere (un umanissimo Maxo). Corretti e coerenti ai toni moderarti e pensosi, opportunamente scelti dalla regia, gli altri attori: Tiziana Pezzo (Gabriella); Anna Carenini (l'infermiera); Carla Mussi, Luigi Traverso (il partigiano) e Amleto Campostano. Bella la scena con l'interno della casa e lo sfondo ampio dei monti liguri.
L'ECO DI GENOVA (lunedì 3 maggio 1982)
Dialettale: rassegna Anna Caroli
Due donne e il dramma
della "Gente Nostra"
Terzo appuntamento col dialettale, nella rassegna Anna Caroli che si tiene ogni settimana alla Sala Carignano. Stavolta era di scena un dramma (perché commedia non ci sentiamo di definirla) di Enrico Scaravelli: "Gente Nostra". La storia è quella del malinconico sodalizio di due donne, una nonna e sua nipote, in sempre più sfiduciata attesa dell'uomo che manda avanti la casa, figlio della prima nonché padre della seconda, che il crudele vento della guerra ha portato nei luoghi più accesi della penisola, e la cui mancanza di notizie fa temere il suo internamento in un campo di concentramento nazista. Il luogo dove esse vivono, situato nell'entroterra collinare genovese, sembra, impervio, consegnarle all'amara solitudine dei ricordi, all'altalena delle delusioni e speranze di chi attende qualcosa e qualcuno. In realtà, forse per la stessa apparente tranquillità del posto, esso viene preso di mira dai drappelli della milizia fascista che dà la caccia alle bande partigiane sparse a ventaglio sui dorsali appenninici. Nonna e nipote si trovano, appunto, in mezzo ai loro conflitti, e con grande buon senso comprendono immediatamente chi ha torto e chi ha ragione, chi l'oppressore e chi l'oppresso, insomma quale partito prendere. A determinare irrevocabilmente la loro scelta è l'aiuto che prestano a un giovane partigiano ferito nel corso d'uno scontro: lo curano, lo nascondono, e (ricordate cosa capita a Jean Gabin ne La grande illusione di Renoir?), come vuole il copione, tra questi e la fanciulla di casa sboccia un fresco sentimento d'amore. Riassunta così, in pochi tratti, la trama dell'opera non rende in ogni caso giustizia all'autore, che è sobrio, misurato, il meno retorico possibile nel delineare la vicenda dei suoi personaggi, e nel confermare a loro vivacità e ricchezza interiore. Bisogna tuttavia anche notare che buona parte del merito è da riconoscere agli interpreti, che riescono ad un tempo espressivi e credibili, soprattutto Maria Vietz, forte di un'esperienza ormai più che ventennale sulle scene del teatro in vernacolo; ma anche Tiziana Pezzo (la nipote), Anna Carenini, Luigi Traverso, Piero Rovere, Carla Mussi, Mario Fiore, Enrico Mozzone ed Edoardo Barbini, cioè gli altri componenti della compagnia "Mario Cappello". La scena, di Aldo Tocci, è d'impianto composito ma nondimeno strutturalmente lineare ed efficace: la regia, affidata a quel grande artigiano-regista di Vito Elio Petrucci, offre momenti di profonda suggestione nello spettacolo: v.z.
CORRIERE MERCANTILE (sabato 9 febbraio 2002)
Dialettale - Al Carignano riproposto il testo di Scaravelli vent'anni fa

E' ritornato al Teatro Carignano, vent'anni dopo la prima rappresentazione, la commedia in dialetto genovese "Gente nostra" di Enrico Scaravelli, dimostrando la sua validità di contenuti e di forma, che è rimasta inalterata, anzi, nella prospettiva storica ha assunto il significato di un esempio emblematico da non dimenticare. E conferma la bontà della scelta della giuria a della rassegna "Anna Caroli" 1982, che premiò il testo di Scaravelli con la pubblicazione e la rappresentazione, anche perché la commedia conteneva una coraggiosa apertura verso il filone storico-popolare, in contrapposizione a quello comico-borghese di discendenza goviana. La vicenda è ambientata nell'inverno del '44, pochi giorni prima di Natale, in una casa di contadini della Val Trebbia, dove vivono sole, tra la fame e il freddo, la vecchia nonna Dirce e la nipote Gabriella: il padre della ragazza, figlio di Dirce, richiamato alle armi, non ha più dato sue notizie da tempo, mentre la madre è morta mettendo alla luce la figlia. Il paese è spaventato dalla presenza dei tedeschi, che danno la caccia ai partigiani: uno di questi, Loenso, ferito ad una gamba durante uno scontro a fuoco, trova asilo in casa delle due donne, che riescono a tenerlo nascosto e a farlo curare rischiando le feroci rappresaglie dei nazisti. Così a poco a poco, grazie alla sapiente costruzione drammatica, si viene a scoprire che tutti quelli che entrano ed escono dalla casa di Dirce sono impegnati nell'opera di salvataggio del partigiano, anche quell'infermiera ficcanaso che sembrava una spia, anche quell'insospettabile buonuomo di Maxo e pure l'amica Annetta. L'autore è riuscito a costruire senza stucchevoli toni celebrativi (anche le note di "Bella Ciao" si sentono in lontananza) la situazione di rischio che la "nostra gente" ha saputo affrontare in nome della solidarietà e della libertà: tanti piccoli e oscuri eroi ed eroine, che giova riproporre all'attenzione soprattutto dei giovani e in particolare degli studenti. Alle vicende della storia s'intrecciano quelle dei sentimenti, come l'amore che sboccia fra Gabriella e Loenso e quello antico, sepolto sotto la cenere dei ricordi, fra il vecchio Maxo e Dirce, femminista ante litteram che non ha voluto sposare, nonostante sia nato un figlio, e non vuole sposarlo nemmeno adesso: così l'autore ha evitato la trappola del matrimonio finale, onnipresente nel filone comico. A guerra finita, forse, Loenso tornerà per sposare Gabriella, ma non è poi così sicuro. Precisa e curata la regia di Arnaldo Rossi, che ha disegnato personalmente anche la scena, ricreando una stanza piena di cose d'epoca, ma ordinata come nella migliore tradizione contadina ligure. Al di sopra di ogni elogio è l'interpretazione di Bianca Podestà nel ruolo di Dirce, generosa e fiera contadina, vecchia, ma energica figlia delle nostre valli con le sue battute spesso comiche, insaporite con quei proverbi popolari che sono il patrimonio più prezioso del dialetto; una prova che la pone tra le migliori attrici del teatro in vernacolo e documenta una volta di più il suo multiforme talento: Bravi anche gli altri, il persuasivo Luigi Massa nel ruolo di Maxo, l'astuta Gianna Cevasco nei panni dell'infermiera, la spontanea Cinzia Lamponi, interprete di Gabriella, e, in parti minori, Lina Fois Consigliere (Annetta), Daniele Pellegrino (Loenso), Stefano Pastorino, Franco Campisi Ruwet, Giancarlo Rapetti e Donato La Verde.
CLARA RUBBI
IL SECOLO XIX (pagina RIVIERA ESTATE) (3 settembre 2002)
Gente nostra di Enrico Scaravelli vince la quinta edizione della rassegna teatrale città dei fiori
Agli attori genovesi il premio "Sappia"

Sanremo. La rassegna amatoriale Nini Sappia ha concluso felicemente la sua quinta edizione con l'ormai tradizionale momento delle premiazioni alle compagnie e agli attori più meritevoli secondo le preferenze della giuria composta da Vallardi Hazon, Umberto Vellani e Aldo Bottini. La migliore commedia rappresentata nell'arco delle quattro sere nel felice scenario di Piazza San Siro è stata "Gente Nostra" portata in scena dalla Compagnia Teatrale San Fruttuoso di Genova. Un divertente testo di Enrico Scaravelli "trattato con semplicità, equilibrio e molto humour" come dicono le motivazioni della giuria. Alla Compagnia genovese anche il premio per la migliore attrice della rassegna, quelle di Bianca Podestà che interpretava Nonna Dirce con "grande sensibilità e naturalezza" (…)
A.G
LA STAMPA - (Pagina LIGURIA ESTATE - mercoledì 4 settembre 2002)
I NOMI DEI PREMIATI DALLA STABILE DI SANREMO
Il Premio "Nini Sappia"
per il teatro dialettale
SANREMO. La cerimonia delle premiazioni ha chiuso la quinta edizione della Rassegna del Teatro amatoriale intitolata a Nini Sappia. La giuria è rimasta molto bene impressionata - affermano i membri Ida Vallardi Hazon, Umberto Vellani e Aldo Bottini - nel constatare la vitalità del teatro amatoriale, avvalorata dalla presenza di un numeroso pubblico per tutta la durata della rassegna. (………) Due riconoscimenti anche alla Compagnia teatrale San Fruttuoso di Genova per la migliore attrice, Bianca Podestà, e per aver messo in scena la migliore commedia "Gente nostra" di Enrico Scaravelli. …………
(m. c)